Il professor Panebianco è uno dei più insigni intellettuali italiani e scrive sulla testata più prestigiosa d’Italia. In un suo recentissimo pezzo ha distillato in maniera impeccabile alcuni dei totem e tabù dei cultori dello status quo. Il totem è un’entità naturale o soprannaturale dotata di un “significato simbolico particolare per una persona, un clano una tribù, e al quale ci si sente legati per tutta la vita”. Il tabù è una “forte proibizione (o interdizione), relativa ad una certa area di comportamenti e consuetudini, dichiarata sacra e proibita”. Bene, l’articolo di Panebianco, proprio snocciolando i totem e tabù dell’attuale uomo medio europeo, ci aiuta a fare luce sulle convinzioni radicate nella sua “mappa del mondo”. Quella, per intenderci, di chi – nonostante l’evidenza solare e contraria – persiste a ritenere quella attuale la migliore delle configurazioni politiche, sociali ed economiche possibili. Totem-tabù numero uno (parole di Panebianco): “Forse la fine della più grave crisi economica del dopoguerra ridimensionerà, magari anche drasticamente, in altri Paesi europei, il peso dei movimenti impropriamente definiti populisti ma che è meglio definire «antisistema» (nemici della società libera o aperta)”. Per Panebianco viviamo in una società “libera e aperta”, benché fior di giuristi vadano ripetendoci che l’Europa Unita è un coacervo di istituzioni intrinsecamente votate all’arbitrio e alla faccia del fatto che i fatti dimostrino come la cosiddetta “apertura” abbia funzionato, ad oggi, solo per favorire un’immigrazione selvaggia e sregolata e per assecondare l’invasione continentale da parte di merci prodotte sottocosto sfruttando la mano d’opera di paesi “più competitivi”. Inoltre, per il prof i cosiddetti “populisti” non sono elettori stanchi di essere presi per il naso da un sistema dove le elezioni non contano nulla perché gli eletti non decidono nulla; sono, piuttosto, “nemici” (l’impiego di un aggettivo dalle connotazioni “ostili” è rigorosamente voluto) della società aperta. Totem-tabù numero due: “Per sindrome da sottosviluppo intendo un insieme di atteggiamenti che indicano la volontà di prendere congedo dalla modernità. È una sindrome incompatibile con le esigenze di una società libera (e quindi anche prospera e dinamica)”. Per Panebianco l’attuale civiltà è “prospera e dinamica”, una prosecuzione lineare e fisiologica di quella basata sul modello keynesiano che tanto benessere vero e tanti diritti sociali autentici portò ai paesi occidentali dal dopoguerra agli anni ottanta. Egli non vede che il format attuale, tarato sull’ultraliberismo e sul Washington Consensus, è l’esatto opposto di quel modello. E tuttavia, la confusione gli permette di tacciare di “sottosviluppo” chi contesta la macroscopica matrice di diseguaglianze sociali e di povertà endemica in cui si è trasformata la “modernità”. Totem-tabù numero tre: “Anche l’altro baluardo di una società moderna, la scienza, da noi è sotto attacco. La vicenda dei vaccini docet”. Detto da uno che vive in un paese dove hanno imposto dieci vaccini (record mondiale) con trattamento sanitario obbligatorio. Il mondo che Panebianco e i suoi lettori ‘vedono’ non è il nostro Paese, ma il Paese delle Meraviglie. Inevitabile che votino sempre per la Regina di Cuori e che diano del “Cappellano Matto” a chi osa dissentire.
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