C’è una iniziativa finanziata dall’Europa, con soldi della collettività, che ci consente di capire un sacco di cose sulla filosofia di fondo del progetto europeista e sul suo impianto intimamente classista, cioè elitario nel senso più deteriore e anti-popolare del termine. Ci riferiamo a un questionario realizzato dall’Università di Manchester, sponsorizzato in Italia dalla Sapienza di Roma, dal titolo subdolo e sibillino (come tutti i format manipolatori sfornati dalle Commissioni e dai Comitati per il Bene Comune di cui pullula Bruxelles): “Progetto di ricerca finanziato dall’Unione Europea teso a studiare le differenze nel rendimento scolastico di ragazze e ragazzi in matematica”. Ora, già messo così, con tutta la vaselina possibile, sembra una porcata. Perché indagare le differenze di rendimento tra le due metà del cielo? Puzza di sessismo lontano un miglio e sembra quasi adombrare l’idea che siano teorizzabili sottili distinguo nelle abilità attentive di uomo e donna. Un po’ come se si volesse suggerire un gap di resa tra bianchi e neri. Ma soprassediamo, perché l’obiettivo della ricerca è ben altro. Dopo una batteria di difficilissime operazioni matematiche da risolvere, il questionario fa un salto triplo carpiato nell’intimità sessuale dei malcapitati ragazzi con richiesta di pronunciarsi su affermazioni come: “L’omosessualità maschile è solo un diverso stile di vita che non dovrebbe essere condannato” oppure: “Come in altre specie, l’omosessualità maschile è espressione naturale della sessualità degli uomini”. Se siete caduti dalla sedia, è normale. È capitato a molti degli scolari interpellati. Cosa diamine c’entrano le preferenze sessuali con il teorema di Euclide e con le equazioni differenziate? Pare che l’ideatore del progetto, tale Iulian William, intenda provare che le attitudini aritmetiche sono tanto più spiccate quanto più perspicua è la sensibilità gay-friendly degli intervistati. All’uopo aiutandosi anche con altre domande del test volte – udite, udite – a ricostruire il retroterra socio-culturale del nucleo di origine. Onde dimostrare, evidentemente, che un giovane di ‘buona famiglia’ è più aperto di uno di classe medio-bassa rispetto alla ideologia arcobaleno del movimento gender. Due-riflessioni-due. Da un lato, il vero problema non è più l’omofobia, ma l’etero-fobia: un ragazzino deve iniziare a sentirsi in imbarazzo se segue le proprie obsolete inclinazioni verso il sesso opposto anziché coltivare correttissime latenze gay. Dall’altro, avanzano orde di pseudo scienziati lombrosiani a spiegarci che uno rischia di finire male già solo a causa della classe sociale cui appartiene: tanto più è bassa, la classe, tanto più è alta la probabilità che egli manifesti apprezzamento per la esecrabile e reazionaria coppia tradizionale. Robe da matti. Viene voglia di somministrare un test alle belle teste autrici del sondaggio di Manchester. Così, tanto per verificare se c’è una correlazione statisticamente apprezzabile tra chi elabora questionari come questo e il detto proverbiale secondo cui la mamma dei cretini è sempre incinta.
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