Nel chiacchiericcio vacuo e inutile dipanato senza soluzione di continuità dal sistema radio-televisivo-digitale-sempre-acceso, ogni tanto si stacca una voce ‘intelligente’. Intelligente in senso lato, etimologico: la capisci, si fa capire, capisci che ti vuol far capire, capisci finalmente di più, o più chiaramente, il senso delle notizie, altrimenti incomprensibili, sfornate a ciclo continuo dal perenne chiacchierume di cui sopra. Ci è successo con Giulio Tremonti. Prescindete, per un attimo, da chi è Giulio Tremonti, da qual è il suo curriculum, da quali possono essere le sue corresponsabilità rispetto alla situazione italiana attuale. Prescindete, perché altrimenti le sue indubbie colpe pregresse vi impediranno di cogliere la portata della sua presente denuncia. Parliamo di una intervista rilasciata a Piero Senaldi sul quotidiano Libero nel corso della quale l’ex ministro plenipotenziario dell’economia dei governi Berlusconi riesce ad andare al cuore del cuore della faccenda laddove individua il virus letale del nostro sistema nell’articolo 117 della Costituzione e nella disgraziata modifica del medesimo approvata dal centrosinistra nel 2001, proprio in contemporanea con l’avvento dell’euro. In quella funesta circostanza, i bimbi costituenti, dando prova di una insipienza prodigiosa o di una subalternità masochistica – o di un impasto di entrambi i difetti – inserirono in Costituzione che l’Italia è subordinata “ai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario”. Si trattò, come giustamente sottolinea Tremonti, della costituzionalizzazione del vincolo esterno, cioè della ratifica definitiva e non contestabile della nostra condizione di servaggio permanente ai komandi della teknocrazia di Bruxelles, a sua volta schiava dei merkati. Il processo era già avviato, ovviamente. La Corte Costituzionale aveva già sancito lo status coloniale dell’Italia, ‘sovrapponendo’ regolamenti e direttive europee alle leggi promananti dal popolo sedicente sovrano. Eppure, quella norma, incistata come un parassita criminogeno nel corpus della nostra legge fondamentale, sancì in via definitiva e irreversibile la rinuncia dell’Italia ad essere padrona di se stessa. Tremonti, insomma, ha esplicitato (quasi) tutto ciò che vi è da sapere per intendere. Che poi gli sia imputabile il fatto di non essersi mosso in controtendenza all’eversivo disegno, quando ne aveva il potere e la possibilità, è vero. Ma trovare, oggidì, un politico in grado di svolgere una disamina tanto succinta e, nel contempo, lucida dell’origine di (quasi) ogni male, una qualche soddisfazione la dà. Perché dallo scempio occulto, e occultato, dell’articolo 117 discendono le patologie sistemiche sotto gli occhi di tutti. Ma chi dovrebbe capire non capisce. Basta prendere alcuni degli ultimi strepitosi titoli di quella Gazzetta del Buonumore che è diventata L’Unità: da ‘Missione uguaglianza’ a ‘Precari oggi, stipendi da fame domani’. Scritto, nero su bianco, dall’house organ di quel partito che ha avallato, oltre alla ferale modifica del 117, lo smantellamento dell’articolo 18, il jobs act, il precariato endemico. Il che ci fa capire come i dem non abbiano bisogno né di congressi né di assemblee, né di Renzi né di Letta. Tutt’al più di un lettino: da psicanalista.
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