Nel mentre i tassisti mettevano a soqquadro la capitale e l’Italia intera, un canto ci saliva al petto, sulle note di God save the queen: Dio salvi i tassisti. La loro lotta, aldilà delle rivendicazioni contingenti e di categoria – sacrosante, ma interessanti fino a un certo punto – ha un’altra valenza micidiale; colta da pochi in modo conscio. La virulenza con cui gli opinionisti delle libertà di impresa e di commercio e di crescita hanno attaccato le iniziative dei vetturini romani è motivata proprio da questa valenza. Ecco in che senso. Gli autisti delle auto bianche hanno rotto, sia pure per un momento, una delle mitologie su cui si regge la nostra era: quella secondo cui non esistono più classi. Al massimo, esistono i generi: maschio, femmina, trans, transgender, omo, etero e via sessualizzando. La società non è più spaccata sul piano verticale dei diritti sociali, tra privilegiati e sfruttati, ma su quello orizzontale dei cosiddetti diritti civili. Sui diritti civili puoi sgolarti quanto vuoi, manifestare quanto vuoi, protestare quanto vuoi. Te lo lasceranno fare perché quella linea di faglia non tocca le costanti di granito dell’Evo Competitivo. L’importante è che non metti in discussione il suo postulato unico: siamo tutti consumatori e gli unici ad aver diritto di lamentarsi sono i consumatori. Così, fioriscono le associazioni dei consumatori, vengono consultati i movimenti dei consumatori e, appena appena qualcuno alza la cresta, tipo i tassisti, di chi prendono le difese i politici e i media? Dei consumatori. I consumatori hanno sostituito i proletari di una volta. Con la differenza che i proletari erano una classe ben individuabile che rivendicava conquiste sociali per se stessa e mirava a cambiare il sistema. I consumatori non sono nulla perché sono tutti. Chi può dire di non essere un consumatore? Nessuno. Quindi, battersi per i diritti dei consumatori significa battersi per il mantenimento dello status quo. Al massimo, ci ricavi una tariffa migliore al cellulare, un abbonamento meno caro alla tivù, un cibo non scotto al ristorante. Oggi la matrice fomenta il mito dei consumatori perché i consumatori alimentano, a loro volta, la crescita e il pil, vale a dire il foraggio della bestia. E la bestia prende due piccioni con una fava perché dai consumatori non potrà mai emergere una coscienza di sé, come gruppo, né maturare una consapevolezza selettivamente collettiva (in quanto propria di molti, ma non di tutti) delle tare del regime. Solo da singole categorie socialmente definite, in quanto emarginate o precarizzate o liquidate dalla vaporiera, può scaturire la bastevole forza di volontà e la sufficiente dose di pensiero critico per denunciare le contraddizioni intollerabili della Macchina. Ecco la ragione per cui la protesta dei tassisti fa paura. È il risveglio, timido e primaverile, di un retaggio di cui la Matrice ha ancora tremebonda memoria mentre noi l’abbiamo perduta: non siamo consumatori. Siamo esseri umani, cittadini, lavoratori. E se questo mondo non ci piace possiamo agire per cambiarlo.
Nessun Commento