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IL CERVELLO OSSIGENATO

cervelloL’altra sera sono andato a letto con il domani negli occhi, abbagliato dalla orgogliosa e futurista sferzata, del nostro giovane ed ex presidente del consiglio, alla pigrizia congenita dell’Italiano medio: “Vado in California ad ossigenarmi il cervello”. Mi sono sentito umiliato, un minus, davvero.  Io sto qui, nel pantano italiano, mentre lui – molto più avanti di noi – va lì, nella Silicon Valley, dove il futuro parte, dove l’avvenire arriva. Così, in men che non si dica, la testa sprofondata in un cuscino di invidioso rimpianto, il sonno mi ha preso e un sogno mi ha colto. Ero lì, proprio lì, a San Francisco o giù di lì, dove il pensiero positivo  genera le start up come i media generalisti le fake news, dove la Apple ha mosso i primi passi, lì in quell’angolo di mondo già proiettato nel futuro radioso che, prima o poi – dice Renzi – torna. A un tratto, mentre mi beo dell’aria vivida e frizzante e sprizzante neuroni americani, chi ti vedo? Un cervello che fa jogging. So che non ha senso, ma – capitemi – ero in un sogno e, in un sogno, incontrare un emisfero grigio di considerevoli dimensioni, lattiginoso e tronfio, e crepitante di inesauste sinapsi, sembra normale. Così l’ho fermato. Il cervello, turgido e ansimante per la spossa  mattutina, le esili gambette affondate nelle Nike da battaglia, una folta chioma di capelli scintillanti cresciuti sull’encefalo senza intermediazione cranica, mi guarda e mi fa: “Ciao connazionale. Anche tu qui a ritemprare le idee?”. Io, intimidito da quella burbanza, gli chiedo: “Scusa, chi sei?”. Lui scoppia a ridere e si scompiglia la capigliatura zuzzurellona: “Come, chi sono? Non lo vedi? Sono il cervello ossigenato!”. Io annuisco e mi sforzo di ricordare. Quel cervello è un cervello, quindi non ha lineamenti, ma mi pare di averlo già visto da qualche parte. Ma non ho tempo, quindi gli chiedo cosa ha scoperto in California. “Delle cose pazzesche, pazzesche, ti dico, amico. Pensa che qua hanno inventato dei sistemi fenomenali per pagare le tasse il giusto. Tipo, loro fanno business da noi e incassano in Irlanda. Han risparmiato 800 milioni di euro in cinque anni, ‘sti drittoni”. Io mi faccio piccolo piccolo: “E ti pare giusto?”. Il cervello ossigenato mi guarda di sbieco: “Oh bischero! Certo che è giusto. Creano ricchezza, trascinano il pil, drogano la crescita. E li vogliamo tassare? Ma che te tu vuoi davvero scherzare? Comunque qua sono oltre in tutto, fidati”. Io, nel sogno, trovo normale chiacchierare con un cervello, ma non trovo normale quello che il cervello mi dice; così obbietto: “Guardi, signor cervello, che in California un cittadino su quattro non ha assistenza sanitaria e se non hai di che pagarti una polizza sei nella cacca”. I capelli del cervello si increspano per la rabbia. È furente: “Ma che tu dici, grullo? L’assistenza bisogna darla solo a chi si dà da fare. Il welfare gratuito è roba del Novecento. Qui puoi avere tutto se fai business, se ci dai dentro con una start up, devi essere easy, fare co-working, pensare smart. In sintesi: work hard, play hard. Amico, ricordati sempre: il futuro prima o poi torna”. Mi sono svegliato di botto dall’incubo, in un lago di sudore, col cuore a pompa, la pressione a mille. Cazzo, mi son detto, è vero: il futuro prima o poi torna. E siccome le sfighe non vengono mai sole, anche il passato non passa mai.

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