A volte – per capire il senso profondo degli avvenimenti – bisogna occuparsi d’altro. Un po’ come quando rincorri invano un’idea e allora smetti di pensarci, leggi un fumetto di Asterix, annaffi le begonie o guarnisci una torta e, all’improvviso – mentre sei in tutt’altre faccende affaccendato – eccola lì, la lampadina che si accende. Ora, spostiamoci sul terreno del referendum costituzionale: per discernere le reali forze in gioco, le manine occulte e gli obiettivi non dichiarati della riforma, tocca parlare della Vallonia, del Canada e di JP Morgan. La Vallonia è una delle tre regioni del Belgio, allocata nel Sud del paese laddove si addensa una suggestiva distesa di verdi foreste. Essa fa parte di uno Stato, il Belgio appunto, il cui ordinamento costituzionale prevede – in una logica federalista e ispirata ai benedetti principii della sussidiarietà e del decentramento – che il Governo centrale non possa procedere alla ratifica di accordi internazionali se gli abitanti delle sue regioni non sono d’accordo. Ebbene, i Valloni hanno risposto picche (con lacrime di contorno di Christya Freeland, ministra del commercio canadese, e di Junker, capo della commissione europea) alla firma del CETA. Il CETA è un trattato tra UE e Canada che cancella, con un colpo di spugna, il 98% dei dazi doganali. Insomma, una roba tipo il Trattato Transatlantico con gli USA per inondare le sponde del vecchio continente di prodotti altrui limitando le ingerenze degli stati e dando briglia sciolta agli animal spirits delle multinazionali. Però, gli irriducibili Valloni sono un po’ come il villaggio di Asterix nella celeberrima saga di Goscinny e Uderzo: hanno detto no, bloccando così il Belgio che ha bloccato così l’Unione Europea che ha bloccato così il Canada. Veniamo ora a J.P. Morgan, l’arcinota banca d’affari americana, specializza in servizi finanziari ed icona ortodossa di tutti i feticisti del Mercato. In un documento preveggente del 28 maggio 2013 – in perfetta sintonia con la filosofia boscorenziana – i banchieri di New York scrivevano della necessità di metter mano alle costituzioni europee, nate per reazione ai fascismi, così da rilanciare la crescita. Tu chiamala, se vuoi, rottamazione. In un passaggio si legge: «I problemi economici dell’Europa sono dovuti al fatto che i sistemi politici della periferia meridionale sono stati instaurati in seguito alla caduta di dittature, e sono rimasti segnati da quell’esperienza. (…). I Paesi della periferia hanno ottenuto successi solo parziali nel seguire percorsi di riforme economiche e fiscali, e abbiamo visto esecutivi limitati nella loro azione dalle costituzioni (Portogallo), dalle autorità locali (Spagna), e dalla crescita di partiti populisti (Italia e Grecia)». Riassumiamo: 1) la Vallonia (per ora) è in grado di paralizzare un trattato internazionale nefasto per i suoi interessi grazie all’ancor vitale indipendenza delle proprie autorità locali (tu chiamala se vuoi, democrazia); 2) J.P. Morgan suggerisce il superamento delle costituzioni antifasciste e delle autonomie locali; 3) la riforma costituzionale del PD riduce ai minimi termini le prerogative regionali. La vita è così: capita di leggere un fumetto e di capire un referendum.
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