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TUTTI AL CINEMA

CINEMADopo il caso Bob Dylan, restiamo in tema di produzioni culturali e veniamo alla cosiddetta settima arte: il cinema. In quel settore assegnano gli Oscar, non i Nobel e – con discreta e deplorevole costanza – vengono premiati dei lavori totalmente sforniti di afflato artistico. Quantomeno se restiamo all’insuperato insegnamento di Croce secondo cui l’arte è una ’aspirazione chiusa nel giro di una rappresentazione’. Cioè sentimento + espressione. Un’opera artistica senza un sentimento sottostante è arida, un’opera traboccante di sentimento, ma non rappresentata adeguatamente, è stucchevole. Nel nostro tempo, librerie e cineteche traboccano di presunti capolavori infarciti di sentimentalismi come i tacchini di ripieno a natale oppure cesellati nel formalismo ma vuoti come le uova di cioccolato a pasqua. Ma torniamo al cinema e occupiamoci di una particolare deriva dei film odierni, sia quelli di cassetta (che con l’arte non c’entrano nulla) sia quelli d’essai (che con l’arte dovrebbero centrare parecchio). Ebbene, ecco tre caratteristiche che accomunano le due categorie e coinvolgono indistintamente registi di alto e di basso profilo. Molte storie raccontate al cinema tendono a convergere verso alcuni minimi comuni denominatori: A) incomprensibilità della trama: il racconto procede attraverso continui sbalzi, non solo e non tanto temporali (i flashback e i flashforward sono, in effetti, espedienti narrativi antichi come il mondo), quanto piuttosto logici. La logica è in buona parte bandita dal plot cosicché i protagonisti pronunciano parole senza senso compiuto, si impancano in dialoghi stralunati e slegati da nesso compiuto con i fatti precedentemente appresi, vengono materializzati all’improvviso in luoghi diversi e ‘inspiegati’ rispetto a quelli offerti fino a quel momento alla comprensione di uno spettatore raziocinante. B) I protagonisti sono scelti e assemblati per classi morfologiche lombrosiane: spesso una biondina, esile, con gli occhi azzurri e le guance scavate verrà contrapposta ad una antagonista in tutto e per tutto somigliante. Il baffuto spaccone dai capelli crespi troverà la sua speculare controparte in un’altra comparsa del dramma. Insomma, c’è un sovradosaggio di cloni troppo frequente per non essere anche voluto. C) L’intreccio della storia incede senza alcuna cura e senza il minimo rispetto per la cosiddetta sospensione dell’incredulità che ogni narrazione degna di questo nome dovrebbe ingenerare nel fruitore dell’opera: si sprecano le incoerenze, le contraddizioni, le inverosimiglianze. L’obiettivo sembra essere sempre più quello di confondere, disorientare, sprofondare in una macedonia di stimoli sensoriali l’uomo che guarda piuttosto che elevarlo anche attraverso un’accorta sollecitazione delle sue facoltà superiori. A ben vedere, è una sintesi esatta della lavatrice manipolativa cui i nostri cervelli sono sottoposti ogni giorno persino fuori dalle sale cinematografiche. Il cinema è lo specchio dei tempi. E noi rischiamo di diventare lo specchio di questo cinema.

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