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KRISIS

ISISL’Isis ci ricorda la crisi, sarà per via dell’allitterazione irresistibile. Entrambi i fenomeni sono trattati da par loro dai leaders del mondo, quelle autentiche guide spirituali che la sorte ha messo sul nostro cammino (per trarci fuori dai guai) e che rispondono al nome di Merkel, Obama, Hollande, Renzi e via deprimendo. Nell’ora storica forse più fosca e cupa da qualche decennio in qua, in un momento esiziale in cui temiamo per il futuro planetario e per la deriva dei destini globali, ci ritroviamo, in qualità di mosche nocchiere, questi signori. I quali affrontano le maggiori sfide della contemporaneità (la crisi e l’Isis, appunto) nello stesso modo. Non hanno idea del perché si siano generate, ma faranno di tutto per estirparle. Renzi, dopo aver consultato il Manuale delle giovani frottole, ha detto solennemente che il terrorismo non vincerà mai. Gli altri, a ruota, hanno messo in campo le due paroline magiche con le quali sperano di debellare il problema dei barbuti assassini: libertà e democrazia. Le spruzzano un po’ qua e un po’ la, un po’ su e un po’ giù, come l’insetticida sulle zanzare. Prima o poi i bruti han da schiattare, capite? Lo stesso essi fanno con la crisi. Le nostre guide non sanno né perché né percome siamo precipitati in un tunnel peggiore del Ventinove né percome o perché fatichiamo a uscirne. Allora nebulizzano altri due termini salvifici: crescita e ripresa. Le schizzano un po’ qua e un po’ là, un po’ su e un po’ giù, come il pesticida sulle mele cotogne. L’unica cosa su cui si dimenticano di indagare (e di spiegare), è perché sia scoppiata la crisi, o come si sia formato l’Isis. Lo stato Islamico, per dire, è una specie di fenomeno naturale, uno tsunami abbattutosi senza preavviso, un fiore mortifero sbocciato nella mezzaluna fertile alla stregua di un bubbone velenoso, nonostante il latte e il miele ivi esportati dalle democrazie occidentali. Le quali non c’entrano nulla con le rogne conseguenti. I nostri passavano di là, facevano lo struscio, magari gli è scappato qualche finanziamento occulto, qualche episodico regalo bellico, un kalashnikov o due, giusto per destabilizzare la Siria. Poi, quando Al Baghdadi, con le sue sparute milizie, ha iniziato a espandersi, improvvisamente si è creato il vuoto cosmico nei territori circostanti. Così, le truppe raffazzonate del Gran Cattivo hanno preso piede e hanno realizzato, nientepopodimeno, un sultanato con capitale Racca disteso, comodo comodo, tra la Siria e l’Irak. Le super potenze che avevano invaso due volte Saddam e bombardato Gheddafi e applaudito le primavere arabe, hanno lasciato fare e assistito, come bimbi attoniti, a bocca spalancata, al lievitare mostruoso del mostro che ora turba i sonni di milioni di europei. A frittata fatta, ora che qualsiasi psicopatico border line ha una buona ragione per suicidarsi portando al creatore un centinaio di innocenti, anziché farlo banalmente buttandosi da un ponte, i nostri eroi stupefatti si chiedono: come è potuto accadere? Cosa possiamo fare per fermare l’orrore? Allora frugano nel loro bauletto di password pronta cassa da analfabeti di ritorno e le ripassano: crescita, ripresa, libertà, democrazia. Alla fine, consultatisi con i gabinetti di crisi e con i loro ghost writer, vanno davanti alle telecamere e sillabano: li-ber-tà, de-mo-cra-zia. I più creativi aggiungono che il terrorismo non vincerà mai. E intanto il terrorismo pensa, soddisfatto: il Profeta li benedica. E li conservi.

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