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IL LEONE DI LERNER

LEONENon fai a tempo a finire di celebrare un grande intellettuale italiano che subito ne salta fuori un altro a reclamare il proprio diritto a una nicchia nel Pantheon dei grandi. Prendi Gad Lerner, uno di cui sentivamo la mancanza come Conte, di Balotelli, all’europeo. In un post successivo all’uccisione a sfondo razzista del nigeriano Emmanuel Chidi Namdi, il nostro ha interpretato in chiave macrocosmica l’evento, leggendoci delle implicazioni imbarazzanti per lo stato di salute psichica, culturale, e soprattutto civile, dell’intera nazione. Mamma che brividi, bisogna leggerselo tutto. Ecco l’incipit da premio Pulitzer: “Non si tratta di episodi isolati bensì dell’esito di vere e proprie campagne d’odio”. Strano, alzi la mano chi si è accorto di un problema ‘razzismo’ nel nostro paese, a parte quello istituzionalizzato (e incoraggiato dalla UE) messo in pratica dallo Stato Italiano nei confronti degli italiani. Gli indigeni della penisola sono regolarmente scavalcati dai (e subordinati ai) foresti, nelle graduatorie di ogni tipo, foss’anche la gara canora al festival della salsiccia luganega. Ma gli intellettuali queste cose non le sanno perché non hanno bisogno di accedere a certe graduatorie. E disdegnano le salsicce. Per Gad, tuttavia, l’episodio di Roma è figlio di vere ‘campagne d’odio’ contro gli stranieri. Lui guarda fuori dalla finestra e intravede, in controluce, processioni di incappucciati alla Ku Klux Klan. Il fatto che noi non le notiamo è un dettaglio, perché certe profonde fratture nella coscienza civile di un popolo le scorge solo un intellettuale con gli occhiali 3D. Ma procediamo. Per Lerner, “l’Italia ha bisogno di avviare una grande riflessione pubblica sulla piaga della xenofobia”. Detto da un ex di Lotta Continua fa veramente la sua porca impressione. Come passare dal marxismo alla xenofobia col salto della quaglia, conservando solo l’X factor. Tutto il resto è cambiato. Il problema della lotta di classe è stato risolto grazie ai rivoluzionari come Gad, la giustizia sociale regna sovrana nel paradiso del liberalismo ultracapitalista continentale e quindi gli intellettuali possono finalmente occuparsi delle vere priorità. E proporre grandi riflessioni pubbliche non sulla permanenza dell’Italia nella UE, per esempio (problema spicciolo da subumani suburbani), ma sulla xenofobia che tormenta i sonni dell’elite metropolitana e cosmopolita. Che fare? Direbbe Lenin. Ed ecco il colpo di genio, lo scatto di reni del puledro di razza (dalla protesta alla proposta, che diamine!) come si conviene a un vero maitre a penser: “Propongo che venga reintrodotto il ministero dell’Integrazione e che Cecile Kyenge, oggi deputata europea del Pd, venga richiamata ad assumerne la responsabilità”. Fenomenale. L’abolizione di quel dicastero è forse la sola riforma buona fatta da Renzi, in due anni di disastri, e Gad vuole cassarla. Ritorni il ministero dell’Integrazione. E già che ci siamo istituiamo anche quello della Ricreazione. E propongo che uno dei nostri intellettuali di punta, a rotazione, venga chiamato ad assumerne l’interim. E ogni volta che c’è da approfondire una questione di peso, nell’arena dell’intellighenzia nazionale, lo si mandi fuori, insieme ai colleghi, a fare merenda.

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