Poi ci sono quelli che l’Europa fa schifo, ma non bisogna uscirne perché non si deve abbandonare la casa in cui si abita solo perché i calcinacci cadono giù, piuttosto la si restauri. In ordine sparso, e non per importanza, Massimo Cacciari (“Il M5Stelle dovrebbe contestare questa Europa, ma non l’Europa. Dovrebbero diventare spinelliani”), Yanis Varoufakis (“In questi mesi sono stato spesso nel Regno Unito a fare campagna a favore del Remain nelle zone più disagiate e ho faticato molto a convincere gli abitanti che non bisogna distruggere, ma cambiare l’Europa perché uniti si è più forti e si pesa di più”), Beppe Grillo (“Il Movimento è in Europa e non ha nessuna intenzione di abbandonarla”). Ora, stiamo parlando di personaggi di grande rilievo politico o intellettuale, due dei quali si sono battuti in maniera dura e intransigente contro la cosiddetta Europa delle banche e delle lobbies. E allora perché indugiano sulla porta? Perché sono ancora legati all’Unione Europea? Semplice: perché, a differenza dell’elettore subproletario, emarginato, incazzoso, non l’hanno capita fino in fondo. Sono ancora vittime di quella sindrome di Stoccolma che attanaglia il cento per cento degli europeisti in buona fede facendogli apparire la madonna sotto le spoglie di un’Europa Unita buona da coltivare, se cambiata da dentro. Purtroppo, i fatti urlano il contrario. Primo: non è mai esistito alcun afflato europeistico seriamente motivato nei popoli europei perché nulla lo giustifica sotto il profilo linguistico, storico, religioso, valoriale (il famoso idem sentire indispensabile a innescare il processo di fusione di una collettività di stati in un unicum). Secondo: i popolini europei intuiscono (arrivando così dove l’intelletto dell’intellettuale non arriverà mai) che potrebbero convivere pacificamente, civilmente e proficuamente anche rimanendo ciascuno padrone a casa propria; si chiama federalismo, devoluzione, decentramento cioè l’esatto contrario della costruzione centralista e a-democratica della UE. Terzo: una casa la cambi da dentro se è la tua casa, se l’hai scelta, se invece è una prigione, ti ingegni per evadere. Quarto: la UE è nata come esperimento alchemico-politico di dissoluzione delle sovranità nazionali in un crogiuolo tecnocratico e di avocazione di ogni potere a beneficio di pochi signori irresponsabili e non eletti rappresentanti del grande capitale e della finanza globalizzata (la road map verso l’Unione venne scritta negli anni ottanta dall’ERT, lo European Round Table of Industrialists, raggruppante i Ceo delle principali multinazionali del continente). In definitiva, non abbiamo due opzioni, ma una sola: sgusciare fuori dalla trappola prima che sia troppo tardi. Ciò che l’ingenua intellighenzia per bene si rifiuta di ammettere (per non ammettere di essere condizionata più del cane di Pavlov) è che l’unica Unione Europea buona è un’Unione Europea morta.
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