Vi ricordate Viaggio allucinante (Fantastic Voyage), il film del 1966 diretto da Richard Fleischer? Parla di un sottomarino miniaturizzato alle dimensioni di una cellula ed iniettato nell’arteria carotide nel corpo di una cavia da salvare. A causa dei limiti della miniaturizzazione, il gruppo di volontari eroi ha solamente un’ora per trovare e rimuovere l’embolo assassino prima che il sottomarino inizi a ingrandirsi venendo riconosciuto dal sistema immunitario e distrutto. Ora proveremo a compiere lo stesso esperimento, entrando nelle cavità cerebrali di un convintissimo sostenitore (di quelli senza dubbi) della riforma costituzionale che, in ottobre, salvo imprevisti, dovrebbe definitivamente consegnare il paese al suo irreversibile declino di Repubblica la cui sovranità appartiene al popolo eccetera eccetera. Dunque, la prima sensazione che si prova guardando fuori dall’oblò è quella di uno sconcertante silenzio, di una profondissima quiete leopardiana e di un vuoto ancestrale. All’apparenza non c’è nulla, eppure, procedendo in avanscoperta nei territori dell’ignoto, ci si imbatte in un foglio usobollo, di quelli per i compiti in classe di tanti anni fa. Esso volteggia, nella desolante solitudine dell’insieme, e, ad afferrarlo, ci leggi una scritta: riduzione del numero dei parlamentari. Ecco il primo sonaglino a presa rapida. La riforma va bene perché il numero dei senatori passa da 314 a 100. Per la prima volta nella storia del pensiero politico universale, un cittadino lotta per contare di meno. Vuole meno spazi dove accedere o far accedere qualcuno di sua conoscenza. Ma la logica elementare (perché stiamo parlando di processi elementari) è che essendo il politico ladro per definizione, se noi riduciamo i politici riduciamo anche i ladri. Non è stato facile, sapete, instillare nella testa (che stiamo visitando con il nostro sottomarino) questa equazione. C’è voluto un decennio di pubblicazioni contro la casta, di pubblicistica ammazza partiti, di sediziosa lotta al malgoverno, al malcostume e alle malversazioni. Quindi, oggi, nella pneumatica e solenne vastità della calotta cranica di un pugnace assertore del sì al referendum, leggere che i senatori si ridurranno di due terzi e che il senato si miniaturizzerà come il sottomarino del film di Fleischer ha un effetto ansiolitico, abbassa la pressione, riduce la rabbia, inibisce il pensiero critico. Meno senatori per tutti, l’uovo di Colombo, che ci voleva a capirlo. Continuiamo nel viaggio che ormai è quasi finito perché il luogo è quello che è, più lunare del pianoterra del Louvre svuotato prima della temuta alluvione. Ma ecco! Ecco un altro foglio a quadretti con su scritto: i senatori non saranno eletti dagli elettori e neppure tra gli elettori. Che fico! Un’altra botta di democrazia. Ci faceva ormai così schifo andare a votare che ci tolgono persino la fatica di farlo. Stiamo per uscire dal Museo quando, dall’esterno, una voce intelligente si insinua nel cranio del nostro ospite: se eliminate i vostri rappresentanti, chi guiderà la macchina, con quali scopi, al servizio di quali interessi? Stiamo per rispondere, quando veniamo aggrediti da una cellula fagocitica (proprio come nel film di Fleischer). Reca il logo di una ditta antica aggiornato ai tempi, CCCP (Competitività, Crescita, Consumi, Produttività) e la scampiamo appena in tempo mentre lei da tergo, intona l’inno ufficiale del movimento per il sì: ninna nanna, ninna oh, questo tonto io me lo fo.
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