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DUEL

DUELNel duello all’O.K. Corral tra Renzi e Monti, colpisce un aspetto contraddittorio e intrigante. E non è il suo esito. Che ci siano un vincitore e un vinto è del tutto evidente. L’ex premier ne è uscito con le ossa rotte, umiliato coram populo dal pischello di provincia. Il premier attuale ha trionfato, forte di quella sicumera non sfidabile, di quel piglio smargiasso e di quella volpina disinvoltura nell’abuso delle tecniche retoriche che Monti ha assaggiato sulla propria pelle come altri prima di lui. Eppure, non ci devono interessare tanto i fini e i profili dei protagonisti della tenzone, quanto lo svolgimento del match. Se esaminiamo le mosse di questa fulminea partita a scacchi, ci accorgeremo che Renzi ha vinto una battaglia per la stessa ragione per cui perderà la guerra. Il presidente del consiglio ha riportato un trionfo tattico, ma una disfatta strategica. È probabile che Monti e i suoi supporters, pur soccombenti sul piano dialettico, stiano lucidamente godendo dello scacco matto cui è destinato il capo del governo. Sia ben chiaro: Renzi è stato sublime nel capovolgere gli affondi montiani ritorcendoli contro il suo autore. Tu mi accusi di non combattere l’evasione? Io ti snocciolo i miei record nel recupero del sommerso. Tu mi critichi sul rispetto dei vincoli di bilancio? Io ti spiattello un rapporto deficit/pil molto migliore del tuo. Tu mi provochi sulla crescita? E io me te magno con la statistica. In definitiva, Renzi ha prevalso non perché ha contestato gli assunti di fondo della ramanzina di Monti, ma perché li ha demoliti sul suo stesso terreno. L’uomo ha combattuto il conflitto sbagliato con le armi giuste. Se avesse messo in discussione il campo da gioco e le sue demenziali regole, sarebbe stato fatto a pezzi dai rottweiler dell’europeamente corretto. Invece, rivendicando i risultati della sua abilità personale si è guadagnato il diritto a capitanare la squadra per un tempo supplementare in un palazzetto dello sport irrimediabilmente corrotto. La tattica di corto respiro del premier ha funzionato, ma è la medesima che lo condurrà al game over. Ossequioso alle regole di Monti, egli si è condannato alla sconfitta futura. Proprio nel momento in cui riportava sul rivale un effimero successo certificato dagli standard ottusi di quelle stesse regole. Delle due, l’una. Se Renzi starà ai patti, non avrà mai la forza di realizzare i grandiosi disegni di cui la sua smisurata ambizione lo fa ritenere capace e la gente lo ricorderà come ora lo giudica: tutta chiacchiera e distintivo. Se, al contrario, mai trovasse il coraggio di denunciare le regole (anziché rispettarle) e di intraprendere la piccola via del riscatto sovrano, finirebbe bucherellato da una mitragliata di spread. Per questo, Monti ha vinto anche se ha perso e Renzi ha perso anche se ha vinto. Gli unici che hanno perso e basta sono gli italiani.

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1 Commento

  • Rispondi
    Erica
    20 Febbraio 2016 a 17:11

    Mi ricorda il paradosso di protagora….

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