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LA QUARANTENA DI VENTOTENE

VENTOTENEReti televisive di tutto lo stivale, unitevi. Renzi si è alzato bene dopo aver fatto un altro sogno dei suoi. E l’ha pure raccontato, incurante del fatto notorio che c’è una sola cosa più tediosa di chi ti mostra le diecimila diapositive delle ultime vacanze: quello che ti racconta nei dettagli le sue esperienze oniriche. Siccome parliamo del premier, va fatta un’eccezione. Ora, il nostro, in vista dei primi sessant’anni della Comunità europea, di cui egli si accinge a officiare le celebrazioni, ha avuto questa orgogliosa pensata: riqualificare l’isola di Ventotene, quello storico scoglio dove taluni ingegni (purtroppo italici) concepirono le fondamenta ideali della prigione continentale in cui siamo rinchiusi. Renzi ha deciso che il forte borbonico dove alloggiarono Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, gli autori del famoso Manifesto, diventerà la sede, nientemeno, delle giovani elites intellettuali dell’Unione. Da brividi. Qualcosa di sinistramente simile alla gioventù irreggimentata che, nel romanzo 1984 di Orwell, era dedita a implementare l’ideologia perversa del Grande Fratello e a denunciare i reprobi in vista della loro imminente vaporizzazione. Il sogno del leader ci ha stimolato i neuroni, li ha fatti scendere a uno stato di onde alfa e, in men che non si dica, ci siamo trovati addormentati sul divano. Ed è partito il nostro sogno. So che, raccontandovelo, contravvengo alla prima delle regole anti tedio, ma mi sento sfrontato a sufficienza per violarla. Dunque, c’era una volta, in un tempo molto lontano nel futuro, una massa sufficiente di uomini europei, destatasi dal torpore, che brandiva il vessillo della propria ritrovata indipendenza e capiva. La comprensione del crimine perpetrato da chi aveva svenduto ventotto nazioni libere e sovrane a una cosa detta UE, spingeva i coraggiosi partigiani alla rivolta e, a libertà riconquistata, veniva allestita, come d’uso e giustamente, una nuova Norimberga. Sul banco degli imputati finiva l’elite politica, intellettuale, finanziaria, burocratica responsabile di aver sottratto le prerogative democratiche alla gente per trasferirle a rarefatte cupole di ottimati. Nel sogno, i giudici popolari erano severi, ma clementi. Non comminavano agli imputati alcuna pena capitale. Semplicemente, destinavano loro un luogo adatto, un’isola, dove poter meditare su quanto fossero innocue (fino a prova contraria) le buone intenzioni dei costruttori dell’Idea comunitaria e, invece, torbide, losche e venefiche quelle dei successivi esecutori. Per una ineluttabile applicazione della dantesca legge del contrappasso, i colpevoli vennero mandati a scontare la pena in quel di Ventotene. A meditare sui loro misfatti. Intanto, l’Europa rinasceva, i popoli riscattavano la perduta dignità civile e le potestà politiche scippate e, smentendo ogni previsione, vivevano in pace. Diversamente fratelli. Quando mi sono svegliato avevo un retrogusto amaro in bocca e Renzi stava ancora parlando alla tv. Mi è venuta in mente la famosa domanda di Marzullo e ho pure trovato la risposta: la vita non è un sogno, ma i sogni aiutano a vivere meglio.

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