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RAGIONI FUMOSE

FUMORiflettiamo sulle sigarette e sulla nuova categoria di delinquente seriale, farabutto compulsivo, disgraziato a prescindere chiamato fumatore. La stampa nazionale ha salutato con plaudente servilismo l’introduzione di nuove norme, ancora più severe, contro la perversione più esecrata della modernità: il fumo. Forse, solo la classe degli eterosessuali è, oggidì, fuori moda quanto un fumatore. Se la giocano sul filo di lana, diciamo. Ora, concentriamoci sui tabagisti e chiediamoci perché. D’ora in poi non sarà loro proibito esercitare la propria personalissima (e nociva) passione solo nei luoghi pubblici chiusi. Neanche nei parchi, nemmeno all’aperto e neppure nel secretum dell’alcova di ogni nequizia che è l’abitacolo di un autoveicolo. Un tempo, quando l’eterosessualità era ancora ammessa dalla coscienza civile, le coppie si accoppiavano proprio nell’angusta macchinetta, con dei fogli di giornale a tappezzarne gli oblò e una vibrazione esterna, percepita dagli occasionali passanti, eccitante al solo pensiero, foriera delle gioie clandestine del sesso represso. La copula abusiva scuoteva le giunture delle vecchie e nuove Fiat degli anni del boom ed era potente come un motore. Il motore dell’amore. Ma se il giornale scivolava erano atti osceni in luogo pubblico. Le pagine della Gazzetta non servivano solo a schivare gli sguardi lascivi dei curiosi, ma anche quelli occhiuti della legge, feroce a comminare la sanzione. Oggi, tocca ai fumatori. Dovranno portarsi da casa un quotidiano qualsiasi e foderare gli interni della berlina per concedersi una tirata di Marlboro. Ma perché? In fondo, il Sistema sopporta, e anzi incoraggia se non pubblicizza, pregiudizi ben peggiori per la salute fisica e mentale dei cittadini. Quante morti, depressioni, vite allo sbando hanno sulla coscienza i metodi dell’indebitamento legalizzato, dell’usura bancaria o del gioco d’azzardo? Tutte forme di dominio sull’uomo sponsorizzate dai principali canali televisivi, giustificate dalle articolesse degli opinionisti: crescete e indebitatevi, vi diamo cinquanta e vi chiederemo centoventi. Dov’è il problema, se si tratta di una realtà meschina e vergognosa, per una civiltà che non ambisce a definirsi tale? Eppure, con il fumo no, col fumo tolleranza zero. Perché? Un motivo c’è. E non si tratta di premura per il benessere collettivo. Figuratevi che gliene frega a una Matrix dove milioni di persone sacrificano l’equilibrio mentale e la pace interiore alla voracità usuraia dei padroni. La ragione è un’altra. I fumatori rischiano di ammalarsi e, se si ammalano, costano un occhio della testa a una sanità ancora pubblica (purtroppo, aggiungerebbe un feticista del mercato e della competitività). Ergo, giacché, nell’era della spending review, i costi sociali e sanitari vanno tagliati per consentire a qualsiasi sedicente stato sovrano di onorare i suoi debiti con i Mercati, ecco che il fumatore va punito non perché fa male a se stesso, ma perché storna risorse necessarie a onorare i debiti sovrani e le incanala a beneficio del popolaccio coglione ammalatosi di un vizio. Non è il vizio in sé a disturbare, ma il prezzo dei suoi effetti. I vizi permessi sono quelli a costo zero, che rimbambiscono le persone e le disperano. Se, invece, c’è bisogno del dottore, allora no. Allora bisogna correre ai ripari. Altrimenti, insieme a degli insignificanti polmoni, gli va in fumo anche la grana.

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