La recente sequela di decessi ospedalieri di giovani puerpere ripropone un tema affascinante, quello della genesi e delle modalità di diramazione delle notizie nel circuito dei media di massa. Funziona più o meno così: un brutto giorno, o un bel giorno (a seconda dei casi), accade un fatto eclatante. Ad esempio, una donna incinta prossima al parto muore senza spiegazioni insieme al suo bambino. Improvvisamente, a seguire, altri fatti speculari, se non identici, si verificano in ospedali di ogni dove. Per una sorta di propagazione tellurica, cominciano a morire donne incinta all’ottavo o al nono mese di gravidanza. Un fenomeno analogo a quello sperimentato, anni or sono, con le statue delle madonnine grondanti lacrime di sangue. Un piccolo simulacro della vergine fece gridare al miracolo da qualche parte e, in rapida e inarrestabile progressione, altri prodigi consimili si moltiplicarono in decine di diverse regioni italiane. Da un dì all’altro, era tutto un pullulare di madonne piangenti. Oppure pensiamo alle liti da far west dei chirurghi in sala operatoria. Due medici fecero a cazzotti in qualche ospedale di provincia e, subito a ruota, ovunque i camici bianchi parvero colti da un furore litigioso collettivo. Ferma restando la veridicità (fino a prova contraria) delle notizie riportate, è ovvio che non si tratta di un’inspiegabile concentrazione junghiana di coincidenze sincroniche. Piuttosto, il sistema mediatico, non appena fiuta una notizia che ‘tira’, sposta i suoi riflettori su qualsiasi episodio sintonico. È come se, letteralmente, tutte le antenne del complesso radiotelevisivo iniziassero a tastare il terreno dell’etere in cerca della nuova vena d’oro, quella che fa audience. E, immancabilmente, la trovano perché c’è. Perché di madonne tristi, di chirurghi furibondi, di madri sfortunate è pieno il mondo. Solo che non interessano a nessuno finché non divengono, per qualche imponderabile ragione, una polpetta succulenta per chi fa informazione e per chi la subisce (‘passivamente’ in entrambi i casi). Ciò che avviene, nel piccolo, per le bazzecole, succede nel grande, per gli eventi della Storia. A seconda di dove tira il bastoncino dei rabdomanti televisivi, lì va l’attenzione degli spettatori. Così, abbiamo invasioni oceaniche di migranti che si interrompono, da un giorno all’altro, per lasciare il posto a una siccità millenaria risolta in un amen quando arriva lo smog del secolo. Non esiste una pluralità di canali di informazione. Esiste un unico canale pluriforme che diffonde le medesime notizie alla stregua di un’eco rimbombante, di un riverbero infinito di specchi. I media si limitano a strisciare il loro badge sull’apposito lettore, timbrano il cartellino per così dire, e riempiono la rete del medesimo ‘racconto’ narrato migliaia di volte in ugual modo. Fate una verifica a caso, con una delle prossime news sensazionali. Leggetele da fonti diverse e troverete la medesima successione di parole, di virgole persino. Uno lancia il sasso e tutti allungano subito la mano nella stessa direzione. Resta da capire chi lancia i sassi più grossi, quelli che plasmano le nostre menti.
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