Quando si toccano i mammasantissima della religione ambientalista o si sfiorano i fili d’alta tensione delle loro trame bisogna stare attenti. È molto facile restarne scottati e veder ‘congelata’ la propria carriera. Anche perché gli avversari truccano le carte con disinvoltura pur di sostenere il paradigma catastrofista che esige, a tutti i costi, un surriscaldamento della verità non indifferente. Sufficiente, quantomeno, a portarla a uno stato liquido e a piegarla alle esigenze del Pensiero Monopolista propagandato da leggendari pionieri del futuro come Al Gore. Quella che segue è una storia vecchiotta, di sei anni fa, ma vale la pena rispolverarla per far capire come funzionino le cose nell’entourage bollente dei climatologi allineati. Nel 2009, per mano di alcuni pirati informatici, vennero trafugate e rese pubbliche le e-mail degli espertoni della University of East Anglia, in Gran Bretagna. Eccone una favolosa, firmata da Kevin Tremberth del National Center for Atmospheric Research di Boulder, in Colorado: “Il fatto è che in questo momento non possiamo dare una spiegazione alla mancanza di riscaldamento ed è una finzione che non possiamo permetterci”. Alla faccia di Galielo, verrebbe da dire. Della serie, la realtà non si adegua al nostro paradigma quindi bisogna cambiare, in qualche modo, la realtà. Phil Jones, suo autorevole collega, si era spinto oltre e, con un pizzico di pragmatica intraprendenza anglosassone, aveva confessato al Dr. Micheal Mann della Pennsylvania State University di aver utilizzato un ‘trick’, un truc per dirla all’italiana, al fine di nascondere l’afflosciarsi dei gradi del termometro dai primi anni ottanta in poi. Ancora, l’esimio luminare ha ammesso che uno degli strumenti per misurare e dimostrare l’inarrestabile innalzamento della temperatura erano i cerchi dei tronchi degli alberi. Però, il legno, dai favolosi Sexties in poi, ha smesso di fare il suo porco lavoro e di avvalorare le tesi degli eco estremisti. Ecco allora che la ‘comunità scientifica’ ha smesso, semplicemente, di avvalersi della ‘consulenza’ botanica dei fusti arborei per convalidare le proprie tesi. Così procedono le vestali della green brigade. Laddove i riscontri oggettivi e strumentali smentiscono, anziché applaudirlo, il vangelo del premio Nobel Al Gore, i partigiani del sol caliente dell’avvenire si tengono Al Gore e mandano in soffitta i riscontri oggettivi. Anche perché, in giro per il mondo, di ricercatori indipendenti (e quindi non sovvenzionati né pubblicizzati) ce ne sono a pacchi. E alcuni di loro, russi per la precisione, sostengono che il contributo dell’uomo al surriscaldamento climatico è pari alla proverbiale goccia nel mare e che innalzamenti di temperatura, anche repentini, ve ne furono a iosa in epoche storiche non sospette quando i dinosauri non avevano il Porsche Cayenne o quando i romani non vantavano alcun distretto industriale. Addirittura, certi consessi scientifici sostengono che sia alle porte non già l’età del ‘fuoco’, ma una nuova era glaciale. E allora? Significa che non esiste un problema inquinamento? No, tutt’altro. Non v’è dubbio che l’uomo abbia una grave responsabilità nel modo in cui sta maltrattando il pianeta anziché averne cura. Tuttavia, questo non spiega perché si debba allestire una impalcatura di menzogne piena di crepe per giustificare una teoria che fatica a stare in piedi. Ma forse, a ben pensarci, si spiega sin troppo bene.
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