Se c’è un aspetto spassoso nel mesto mondo dell’informazione odierna, un X Factor in grado di restituirci il buonumore, è lo scodinzolamento permanente di uno smisurato numero di opinionisti intorno alle sottane del Pontefice. Ogni giorno, una nuova, come per i carabinieri. La più gustosa è questa: Bergoglio sarebbe vittima di qualche oscura manovra complottista che alligna in seno alle catacombe vaticane. Lì si aggirano, imbaccuccati in cappucci di feltro dotati di spioncino oculare, i congiurati. Con la sfacciata improntitudine trash del giornale da barbiere, i difensori del candore papale si affannano a convincerci che il buon Francesco, un presule dalla lunga e perigliosa carriera, sia capitato al cupolone per caso. Passava di là, una mattina, passeggiava sotto il colonnato di San Pietro dando da mangiare ai piccioni, chiacchierandoci alla France’, con genuina bonomia, quando l’hanno visto da un pertugio del conclave e gli hanno chiesto di fare il papa. Lui, capite, proprio lui, ignaro, intonso, inconsapevole pretuncolo di periferia elevato al sommo soglio per una distrazione dei Padri porporati. Insomma, come se il poverello di Assisi, fosse asceso, per inopinata circostanza, alla sala bottoni dei Borgia. Ma da quando è arrivato lui, proprio come ai tempi della Buonanima, tutto ha ripreso a girare secondo i precetti evangelici: egli mangia alla mensa, dorme in dormitorio, beve i caffè e se li paga pure. Perfino i treni di Roma, per un curiale processo osmotico, arrivano in orario. Come ai tempi della Buonanima, appunto. E se uno osa tangere la Buonanima che accade? Ai tempi, ci pensava il Minculpop. Oggi il Minculpap. Pensate alla storia della presunta malattia e del chirurgo giapponese. Il problema dovrebbe essere se essa è vera o falsa. Invece no. Il problema è che è stata veicolata. E chi tocca il papa, morte civile lo colga. Non si contano le penne di vaglio levatesi a scudo e cimentatesi nella propagazione dell’ultima sul Vaticano: qualcuno sta tramando contro il papa (il primo gesuita della storia che anziché fare trame, le subisce); il papa dà fastidio ai poteri forti (uno che è amato urbi et orbi come non mai, da Obama a Castro); il papa è inviso ai conservatori reazionari (che sarebbero, poi, i custodi di minoranza delle reliquie ancora attive della senescente religione cattolica). Nel marasma, becchi e bastonati sono finiti i cronisti del Quotidiano Nazionale, rei di aver dato la notizia e abbandonati persino dal loro direttore editoriale, al secolo Bruno Vespa. Giornalisti, impertinenti. Ben gli sta! Così imparano a ostinarsi a fare il loro lavoro.
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