Continuiamo a volare alto e restiamo con Kant. E con Platini. Il suo caso è emblematico perché dimostra come la critica del giudizio elaborata dal grande filosofo tedesco del Settecento sfidi l’usura del tempo e consenta di decifrare, secondo categorie immutatamente cristalline, anche la vicenda di un fuoriclasse francese (sovrano nel ventesimo secolo) e della sua malinconica decadenza. E permetta anche di convalidare il principio dell’estetica kantiana per cui la bellezza non è solo in ciò che osserviamo, ma anche e soprattutto nella nostra testa. Essa, poi, non è particolare e interessata, ma universale e disinteressata. Platini è bello o brutto in sé? Né l’uno né l’altro. Eppure, se aveste vissuto (come vi auguro) i goduriosi primi anni ottanta (quando-c’era-un-solo-fischio-d’inizio-per-otto-partite-in-contemporanea-raccontate-da-epici-radiocronisti-con-la-voce-rauca-di-sigaretta-e-i-soli-secondi-tempi-crepitanti-dalle-frequenze-di-tutto-il-calcio-minuto-per-minuto-e-quelle-magliette-di-lana-grezza-in-cui-ancora-si-distinguevano-le-trame-del-tessuto-e-le-righe-erano-veramente-nere-o-bianche-o-rosse-o-azzurre-non-metallizzate-e-brillantinate-come-oggi), se aveste, dicevo, vissuto quel football, allora, quale che fosse la vostra parrocchia del tifo, non potevate non amare Platini. La quintessenza della modernità stilistica impastata in un genio d’avanguardia che pareva l’incarnazione del Re Sole. Forse, Platini era persino più che bello, kantianamente parlando. Era sublime. E chi l’ha visto giocare e fare ciò che ha fatto può capire Kant in un lampo. Ma, poi, c’è il Platini di oggi, che viene sospeso dalla Fifa per aver intascato due milioni indebiti da Blatter. Che brutto. Ma il brutto di Platini era cominciato molto prima. Almeno da quando aveva iniziato la sua seconda vita, post-calcistica, compromettendosi con il Potere del Calcio, altrettanto e forse più corrotto del Potere Politico. Ci piange il cuore a dirlo, ma la difesa di Michel non convince, forse perché lui era un attaccante nato. Magari lui ha ragione (ed è innocente), ma il suo caso resta pur sempre l’esito di un’ascesa bruttissima, oggettivamente. Non ti puoi accompagnare per decenni con uno come Blatter (il nome straniero più prossimo alla parola blatta che è una variante colta dell’inglese beatle, per capirci) senza restarne inzaccherato. Te ne devi andare Michel, proprio come Marino. Ti avevamo tanto amato, ma la bruttezza che hai scelto per la tua seconda vita ti condanna senza appello. È un fatto estetico, credimi. Forse dovevi leggerti quel monito di Montesquieu, tuo connazionale, prima di cimentarti con la Uefa: se il potere corrompe, il potere assoluto corrompe assolutamente. Adieu Michel.
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