La caducità della vita, il senso della morte, le ragioni dell’esistenza. Sono temi scomodi e poco dibattuti forse perché non allineati con un modello dove è centrale non il problema di cosa puoi fare tu della tua vita per te, ma di cosa puoi fare tu della tua vita per il Sistema. Il primo rebus è difficile da sciogliere per due ragioni: perché richiede tempo e perché quel tempo te lo mangi intanto che ti dai da fare a risolvere il secondo. In verità, il secondo nasce risolto, per così dire. La Matrice ti inculca, fin dalla tenera età, gli in put da mettere in pratica per agevolare il Sistema. Devi improntare la tua biografia in senso direzionato e performante, cimentarti in attività spesso faticose e frustranti, ma anche, sempre, ineluttabilmente, produttive. Stai contribuendo alla crescita complessiva dell’insieme e tanto basta. Così, mentre sei dentro la lavatrice, indaffarato a parare i diecimila colpi dello stress quotidiano, come un ninja, la vita fuori scorre a una velocità supersonica verso l’inesorabile fine. In genere, un posto letto ospedaliero dove ti derubricano in carne al macero da manutenere coi tubi e le flebo. Allora ti domandi se ne è valsa la pena, ti torna in mente il primo quiz, quello di cosa puoi fare tu della tua vita per te e scopri che è troppo tardi per rispondere. La soluzione forse c’era, ma non hai avuto il tempo di trovarla. C’è un aspetto intrigante in questo eterno ritorno dell’insofferenza nelle società post moderne e riguarda proprio la categoria temporale e un concetto sorprendente per quanto anti intuitivo: la vita non è breve, è lunghissima. Noi sbagliamo perché la misuriamo in anni (poche decine), anziché in ore e minuti (milioni di milioni). E la misuriamo in anni perché ci è fisicamente precluso di godere delle ore e dei minuti. Ma se vi è mai capitata la ventura di essere posseduti dalla passione divorante per qualcosa e di un giorno intero a disposizione tutto per voi, potete capirmi. Dodici o tredici ore di veglia impiegate non per applicare i rudimenti dei samurai dell’alienazione (cioè replicare a insignificanti stimoli esterni), ma per applicarci nell’eseguire il nostro compito esistenziale ci colmano di una beatitudine infantile. Quel giorno straordinario, in cui ciò accade, sperimentiamo l’indolente inerzia di un ritmo non sincopato, ma lungo, quasi eterno, proprio del puerile approccio a un pomeriggio di giochi. Però, servono due ingredienti cruciali: una passione e il tempo libero dalla necessità. È questo il motivo per cui la Matrice prima ci ‘piega’ con il lavoro e poi ci stordisce con l’entertainment video-ludico. È una strategia mirata a impedirci di capire in tempo quanto lunga e appagante potrebbe essere la nostra vita.
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