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VOX DEI

BONOPaul Hewson, alias Bono Vox, ha partecipato ai cerimoniali conclusivi dell’Expo cinguettando da un palco con il premier Renzi e scambiandosi reciproche affettuose carezze. Non ci stupisce. Bono sta alla politica attuale e alla sua matrice di fondo come papa Bergoglio sta alla religiosità attuale e alla sua matrice di fondo. Che sono identiche anche se, in apparenza, dissimili nei dettagli e nelle sfumature, com’è logico che sia. Non a caso, il governo più conformista e prono ai ‘sentimenti’ del Tempo che sia dato ricordare ha voluto Bono per condire con la banalità del bene (detto) le pecche del male (fatto). E nel condire qualsiasi genere di discorso con una marmellata di messaggi tanto condivisibili in apparenza quanto poco urticanti per il Potere nella sostanza, Bono Vox è insuperabile. Rivaleggia, forse, solo con Bergoglio, ma è una rivalità tra fuoriclasse che indossano la stessa casacca: quella dell’ideologia prossima ventura destinata a fagocitare le umane differenze di credo, tradizione, pensiero, in un melting pot culturale e spirituale monocolore, a-religioso, e rigorosamente irreggimentato. Di nuovo non a caso, in coincidenza con la presentazione del libro ‘Terra e Cibo’, del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Bono Vox ebbe a scrivere una missiva al Santo Padre dove si legge, tra l’altro: “sinistra e destra, ricchi e poveri, tutti i popoli, tutte le religioni, potrebbero lavorare come uno solo su questo tipo di cosa”. Bono si batte con retorico furore contro le ingiustizie del mondo, la fame in primis, ma lo fa rispettando, anzi magnificando, le regole del mondo che quelle ingiustizie hanno prodotto. Harry Browne, in proposito, ha scritto lo splendido libro The frontman, nel nome del potere. Bono è il volto e la voce della Matrice, ne veicola i bisogni, ne conia gli slogan, ne sdogana i miti. Soprattutto quello della grana. Tanta, tantissima, incommensurabile. Dal novanta a oggi gli U2 hanno fatturato qualcosa come un miliardo e cinquecentoquattrodici milioni di dollari. Si domicilia fiscalmente in Olanda, ma si batte per la cancellazione del debito (inesigibile comunque) dei paesi poveri. Va a braccetto con i carnefici Blair e Bush (che di lui ha detto: ammiro il tuo cuore) ed è il cantautore privilegiato della governance globale. Di lui, Browne ha detto: “Da quasi tre decenni, e soprattutto nel nuovo secolo, ha quasi sempre fatto da megafono ai discorsi dell’elite, difeso soluzioni inefficaci, parlato dei poveri in modo paternalistico (…). Uno scaltro mix di tradizionale colonialismo missionario e commerciale, in cui il mondo dei poveri esiste solo come una impresa che il mondo dei ricchi deve compiere (…). Con gesti grandi e piccoli ha rivolto la sua attenzione verso un pianeta di ingiustizia selvaggia, diseguaglianza e non è irragionevole sostenere che per certi versi abbia contribuito a renderlo peggiore”. Bono è il volto buono della Matrice, la sua maschera musicale. Come faceva il nostro Governo a non lustrarne l’icona?

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