Venghino, signori, venghino che posto ce n’è, diceva Mangiafuoco. Com’è possibile che esponenti, anche di spicco, delle istituzioni nazionali e internazionali, e persino religiose, parlino del fenomeno ‘immigrazione’ solo in termini di solidarietà e accoglienza? È un approccio infantile, non adulto, irrazionale. Fermo il dovere di soccorrere chi rischia di morire tra i flutti presso le tue sponde, il medesimo imperativo etico va poi contemperato con quello di tutelare i cittadini dello stato, il territorio della nazione, gli equilibri economici complessivi, la salute pubblica, la sostenibilità di un sistema. Invece no. I paladini dell’accoglienza a prescindere sembrano daltonici intellettuali. Vedono il giallo, ma ignorano il rosso e il verde. Per capirlo dobbiamo entrare nella loro testa ed esplorarne la mappa del mondo. Quando sentono il richiamo irresistibile della parola ‘immigrazione’, scattano sull’attenti come un labrador all’apertura della stagione di caccia. Nel loro cinemascope cerebrale il termine ‘immigrato’ evoca, sempre e comunque, un unico scenario: in genere, una famiglia di onesti e poveri e industriosi lavoratori con tre o quattro figli al seguito che fuggono dalla persecuzione di Assad in Siria o di un qualche Erode inferocito di una qualche dittatura equatorialtropicale. Quindi, immigrato fa rima con rifugiato politico e chiunque osi contraddire l’equazione è un razzista populista. Questo strabismo psichico è facilmente curabile con poche gocce di aritmetica. Nel 2014, su 140.000 approdi, solo 40.000 erano siriani in fuga da un conflitto. Nel 2015 la top five è occupata da soggetti provenienti dal Gambia, dalla Somalia e dal Senegal, quindi non da teatri bellici. Il 40% degli sbarcati non ha fatto richiesta di protezione. Del restante 60%, la metà era privo dei requisiti per beneficiare dello status di rifugiato. Eppure, ogni immigrato continua a restare nel Paese delle Meravigliose Accoglienze e ogni suo patron (coop o associazione che sia) continua a beneficiare di 12.000,00 euro annui cadauno, spicciolo più, spicciolo meno. Ma dov’è lo scandalo? In un colpo solo salviamo il principio morale della solidarietà e il dovere competitivo del business. I famosi due piccioni con una fava di Aristotele. E, in più, rilanciamo la crescita. Venghino, signori, venghino che posto ce n’è.
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