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MICROCEFALI

cefalettiFincantieri, stando a una notizia riportata dal sito del Fatto Quotidiano, ha chiesto di poter applicare un microchip agli scarponi o agli elmetti degli operai. Qualche tempo fa un’azienda piacentina aveva ipotizzato di applicare un’analoga commodity vibrante ai commessi per monitorare il tempo di reazione alle richieste di assistenza mentre, ai dipendenti di un autogrill emiliano, fu proposto di indossare una cintura con gps integrato. È notizia di ieri che, all’Epicenter di Stoccolma, applicheranno un microchip sottopelle (volontario) ai dipendenti infastiditi dall’ingombrante e pesantissimo badge. Insomma, piccoli ‘grandi fratelli’ crescono dando corpo e sostanza alle paranoie dei cospirazionisti. I little brothers proliferano soprattutto, guarda caso, in ambito aziendale. Sono strumentali alle performance dei precari della gleba e funzionali alla governance dei mandarini delle aziende che creano posti di lavoro che rilanciano l’occupazione che spingono i consumi che trainano la crescita che aumentano i prodotti interni lordi che fanno godere i mercati come maiali sul trogolo. Però l’Europa vigila sulla nostra sacrosanta privacy. L’hanno detto alla tivù, quindi dev’essere vero. C’è addirittura una raccomandazione del Consiglio d’Europa (uno dei tre consigli europei, quello che non c’entra niente con la UE, so che sembra impossibile, ma fidatevi) che dice, testuale: “il monitoraggio dell’attività del dipendente non può essere lo scopo principale, bensì solo l’indiretta conseguenza di un’azione volta a proteggere la produzione e la sicurezza dei lavoratori”. Favoloso contorsionismo sintattico che sembra vi tuteli mentre vi frega. Significa che possono ficcarvi un chip o un bracciale elettronico ovunque basta che lo facciano per il vostro bene. È la stessa filosofia delle reti di contenimento negli allevamenti dei cefali. E da noi si aspettano lo stesso gradiente di reazione cerebrale.

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