Finalmente il Movimento 5 Stelle, notoriamente all’avanguardia in materia di democrazia rappresentativa e potere alla base, si è dotato di uno strumento in grado di garantire quel minimo, dignitoso standard di decoro politico che, altrimenti, rischiava di essere vilipeso dai rozzi e squinternati attivisti non abbastanza scaltri da capire che tempo che fa. La Regola monastica si compone di dieci punti e c’era bisogno di un nome accattivante, cool, di appeal mediatico simil renziano. Pensa che ti ripensa, alla fine, dopo una consultazione on line con picchi di diciassette contatti alla settimana, il Sistemone Intelligentone (la piattaforma di emisferi grigi del cyberspazio penta stellato) ha partorito un nome a prova di bomba. Non troppo impegnativo, laico quanto basta, frutto della creatività multidisciplinare degli iscritti: Decalogo. Risolto il problema del titolo di testa, ecco snocciolati i dieci comandamenti di coda: 1) Io sono il Movimento tuo dio, non avrai altro movimento (cerebrale) all’infuori di me; 2) Del Movimento non pronunciare invano il nome, salvo che per dargli ragione; 3) Ricordati di fare la festa a chi la pensa con la sua testa; 4) Onora tuo padre e tua madre e, se non ti ricordi chi sono, scrivi una mail alla Casaleggio & Associati (cioè ai tuoi genitori); 5) Non uccidere la tua autonomia intellettuale, donala al partito; 6) Non commettere adulterio e, soprattutto, non comportarti da adulto; 7) Non rubare le idee ai capi del movimento, limitati a copiarle; 8) Non pronunciare falsa testimonianza se non te lo impone la coscienza del collettivo; 9) Non desiderare l’indipendenza d’altri, limitala; 10) Non desiderare la libertà d’altri, men che meno la tua. La nuova infornata di norme sta avendo un successo pazzesco perché è semplice, di agevole comprensione e tarata sul grado di consapevolezza media del cittadino dell’iperspazio multi digitalizzato. Roba da orgasmo. Mancava solo una cosa: la multa. Anche qua, dopo un impercettibile attacco di panico, ecco la quadra. Chi sgarra, dovrà versare settemilioniduecentonovantamilaeuroincontanti nelle casse del partito che verranno utilizzati per incentivare la rete delle piccole medie imprese prostrate dalla crisi e dall’esattoria. “Ma a chi li facciamo recuperare, poi, tutti ‘sti soldi se il candidato-deputato-senatore-consigliere traditore non li paga?” si è chiesta la cupola del partito. “Mai paura, facciamo un breefing on streaming e poi lo chiediamo al Sistemone” ha proposto un militante. Detto, fatto: ci penserà Equitalia. P.S. c’è un ultimo punto nel decalogo fatto firmare ai candidati al M5s di Roma: “Il sindaco, ciascun assessore o consigliere assumono l’incarico etico di dimettersi qualora sia ritenuto inadempiente al presente codice con decisione assunta da Beppe Grillo o Gianroberto Casaleggio”. Piccolo dettaglio in cronaca: quest’ultimo diktat (a differenza dei primi 10, farina del nostro sacco burlone) è vero davvero. Non ci credevamo, ma ci siamo persuasi dopo aver auscultato la cripto intelligenza artificiale dell’hardware del Movimento e averne ottenuto il responso: “Noi dell’avvenire siam la primavera, siamo la democrazia che a Roma non c’era. Per i gatti, ci dispiace, non c’è trippa, a noi Caligola e Nerone ce fan ‘na pippa”.
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