Mario Calabresi, direttore di Repubblica, ha pensato bene di chiamare un super esperto per una lunga e istruttiva chiacchierata sui tempi che corrono, sul perché dell’odioso governo Conte e su amene divagazioni intorno alle cause dell’ignoranza elettorale del popolo italiano. Siamo basiti. Consultare Prodi, su argomenti siffatti, è come intervistare il Dottor Frankenstein sulle ragioni per cui il suo mostro è riuscito così brutto, spaventevole e cattivo. Ma Calabresi lo ha fatto e, con ingenuo candore, ha chiesto all’ex Presidente dell’Iri, ex Capo del Governo, ex Presidente della Commissione europea (c’è qualche ruolo di cui si può dire che Prodi non è un ex?) perché siamo arrivati dove siamo arrivati. A Prodi? A Prodi, davvero. Glielo ha chiesto. E non c’era traccia di ironia nella scelta, e tantomeno nelle vezzose domande con cui il grande direttore ha stimolato il grande politico.
Per portare a termine un’operazione culturale consimile bisogna davvero mettere tra parentesi una serie monumentale di fatti; Bersani direbbe di ‘mucche nel corridoio’. Per esempio, il fatto che Prodi – insieme al suo sodale Berlusconi, due facce della stessa medaglia – ci ha portati nell’euro, e ha pure stappato lo spumante in piazza per festeggiare la circostanza. O, sempre per esempio, il fatto che Prodi è l’artefice di quel cambio vergognoso (1.936,27 lire per euro) responsabile della più riuscita ondata d’inflazione in incognito della storia recente: a parità di salari e retribuzione, raddoppio sistematico del costo di tutti i generi di prima necessità e di più frequente consumo. O, ancora e per esempio, che Prodi ha avallato il Trattato di Lisbona, cioè l’ingresso ufficiale dell’Italia in quella Unione Europea – fondata su un’economia di mercato ‘fortemente competitiva’ (parola di trattato) – che costituisce l’antitesi stessa di quei valori di solidarietà sociale, sovranità statale, democrazia partecipativa iscritti nella nostra Carta Costituzionale. Eppure, Prodi ha risposto rivendicando con orgoglio i passi compiuti e dolendosi per gli errori fatti. Ma non da lui; dagli altri: dai governi di destra di ieri e, oggi – va da sé –, dai populisti.
Ora, capite bene che le alternative sono due, ed entrambe tremende: o Prodi non si rende conto della natura e della cifra stessa del progetto a cui si è prestato e a cui ha prestato le truppe delle famose coalizioni di centrosinistra (l’Ulivo, l’Unione e le altre armate Brancaleone della sua biografia di disastri); oppure Prodi ne è consapevole e gioca con le parole: continua a parlare di sinistra dopo aver guidato esecutivi smaccatamente di destra (sotto il profilo delle scelte economiche, finanziarie, geopolitiche) e continua a discettare di disuguaglianza dopo aver contribuito all’edificazione di un sistema – quello della moneta unica a cambio fisso, della dissoluzione della sovranità bancaria nazionale, della creazione di una Banca centrale europea non prestatrice di ultima istanza, della globalizzazione spinta – che pare una macchina con zero difetti per generare iniquità. Forse ha realizzato tutto ciò in buona fede, come il Dottor Frankenstein. Ma i mostruosi risultati della sua opera sono evidenti anche ai sassi; tranne che a lui. E a chi lo intervista.
Francesco Carraro
www.francescocarraro.com
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